La vita è davvero una tortura, se bisogna fare continui controlli di
tutto per rassicurarsi, per controllare che tutto sia al suo posto, che non ci
siano porte o finestre aperte. Quanto tempo perde ogni giorno la protagonista
Catherine Bailey? Il suo è un disturbo ossessivo-compulsivo iniziato quando
frequentava Lee, il suo uomo e il suo torturatore.
L'esordio narrativo di Elizabeth Haynes è davvero interessante,
sconvolgente, agghiacciante, claustrofobico. Soprattutto nella prima parte, ci
si perde a seguire i controlli ripetitivi che snervano la protagonista e la
chiudono nella sua prigione costituita di dubbi e paure. Dove si insinua il
dubbio e non lo si spiega razionalmente, si creano una sorta di "errori
nel sistema", di bug cerebrali che si manifestano in opprimenti manie
ossessivo-compulsive. 1, 2, 3, 4, 5, 6 volte.
Anche se Lee è in prigione, Cathy non è libera: è imprigionata in se
stessa, nascosta nell'angolo più buio dove spera di trovare le sue certezze,
mentre invece dovrebbe cercare la luce.
Quando crede di aver trovato un motivo per smettere di nascondere, il
passato le telefona: viene avvisata che Lee sta per uscire di prigione. È così
che le sue reazioni ossessive aumentano e lei rischia di non riuscire più a
nasconderle.
È un ottimo thriller psicologico che sviluppa perfettamente i
meccanismi della suspense.
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