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domenica 29 aprile 2012

Cuccette per signora di Anita Nair

Era da un po’ che non mi concedevo una lettura seria, intensa, della narrativa importante che non sia pura evasione, ma riflessione. Una di quelle letture che non terminano senza averti lasciato dentro l’anima qualcosa, quel qualcosa che hanno trasmesso.
Vi parlo di Cuccette per signora della scrittrice indiana Anita Nair. Il romanzo è stato scritto nel 2002.
La protagonista è una donna di 45 anni, Akhila: quel tipo di donna che fa quello che ci si aspetta da lei e tutto il resto si limita a sognarlo. Perciò colleziona brandelli di speranza, come i bambini collezionano biglietti usati. La speranza per lei è intrappolata all’interno di desideri irrealizzati. È una donna senza marito, senza figli, ma che ha un lavoro che le permette di portare avanti la famiglia e che scopre disapprovazione negli occhi della sorella Padma, quando le dice che improvvisamente deve partire in treno, diretta in un paesino in riva al mare, Kanyakumari. Akhila ha sempre sognato fughe e spazi liberi. È affamata di vita e di esperienze.
In treno, trova posto in una cuccetta per signora con altre cinque donne con le quali condividerà il viaggio e scoprirà modi di vivere alternativi al suo.
Con Akhila, nella cuccetta (così come prescriveva una legge indiana che prevedeva che le donne dovessero viaggiare solo con altre donne), ci sono: Janaki, sposata da quaranta anni, con un uomo che l’ha sempre protetta e l’ha fatta vivere come sotto una campana di vetro, e madre confusa e protettiva verso il figlio ormai grande; Margaret Shanti, insegnante di chimica, sposata con il preside della sua scuola, un uomo insensibile nei suoi confronti e al suo desiderio di maternità, di cui lei si vendica, rendendolo schiavo delle sue attenzioni fisiche fino ad ottenere ciò che vuole; Prabha Devi, una donna perfetta, una moglie, una madre, un sogno in stile newyorchese in un'India arretrata mentalmente, l’ideale di ogni uomo finché la situazione non le sfugge di mano; Sheela, una quattordicenne con la testa sulle spalle, un’innocente, con la voglia di cambiare le regole e la capacità di capire ciò che le altre donne hanno sbagliato nelle loro vite; Marikolanthu, la cui vita è cambiata da una notte di lussuria che l’ha segnata, cambiata e fatta odiare per l'umiliazione che aveva fatto subire alla sua famiglia e per la sua stessa mancanza di istinto materno. Tra queste sei donne si crea, subito e con naturalezza, una profonda intimità; si stabilisce una forte sintonia, un rapporto solidale. Anche la stessa Akhila capisce quale percorso far seguire alla sua vita.
Il fatto che queste donne siano indiane ha reso forse le loro storie più toccanti e intense, nonostante le loro vite non siano molto diverse da quelle delle donne occidentali, intrappolate nei doveri e nelle responsabilità della quotidianità, ma sempre alla ricerca di una forma di felicità, che doovrebbero poter provare tutte.
Questo romanzo è come se fosse una ben amalgamata raccolta di racconti, ognuno di una donna e di una vita diversa, ma allo stesso tempo simile, probabile, autentica.
La lettrice entra in questo universo costruito da forme di femminilità in cui in parte ci si ritrova. Ogni vita trasmette qualcosa, lascia una sua traccia, suscita un’emozione o un’amara riflessione.
Se siete pronte a questo tipo di lettura, che può interessare anche un uomo, che voglia conoscere meglio cosa si cela dietro l’universo femminile, vi consiglio di intraprenderla anche in virtù dell’emozionante fluidità con cui è stata scritta. Anita Nair è un’ottima scrittrice che sa raccontare le tradizioni della sua India moderna e la femminilità delle donne che cercano di svecchiarla, di difendersi dal mondo e dagli spazi in cui gli uomini le hanno relegate per troppo tempo.
Nel romanzo ci si chiede se le donne possano vivere senza gli uomini, se siano in grado di provvedere a loro stesse e alle loro esigenze. La domanda successiva, che con questo romanzo nasce spontaneamente, è se sono mai esistiti uomini in grado di vivere senza avere una donna al loro fianco.
È un romanzo che merita di essere letto nella sua complessità che regala esistenze fragili e anime combattive che vorrebbero cambiare la situazione delle donne.
VOTO 10+

Voi, l’avete letto? Che cosa ne pensate?
Le donne possono vivere senza gli uomini?
Possono uscire dagli spazi in cui gli uomini le hanno collocate?
Gli uomini possono vivere senza le donne?

3 commenti:

Rosa ha detto...

ciao Pupottina non lh' letto maposso rispondere alle tue domande, secondo me le donne possono vivere senza gli uomini, se la cavano benissimo anche da sole, mentre non tutti gli uomini riescono a gestirsi da soli, non tutte le donne riescono ad uscire dagli spazi in cui sono state collocate, bisogna pensarci forse prima al fatto di non farsi collocare, ma rimanere indipedenti e atonome, ma siccome questo e' difficile per molte ragioni di razza religione e possibilita', ci saranno sempre donne che soffrono, ciao baci rosa grazie, buona settimana.))

bressdicorsa ha detto...

un argomento che se ne discute da secoli! l'uomo senza la donna o viceversa possono fare a meno uno dell altra?? io guardo l'umanita' mentre se lo chiede,ciao pupottina

Costantino ha detto...

Un modo originale e letterariamente validissimo per porre alcuni eterni dilemmi.
Un saluto,Costantino.

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