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Dimmi il tuo segreto
Io la troverò
Dove si annida il male
Il confine del silenzio
Tutto ciò che resta
Io so perché canta l'uccello in gabbia
Africa, mon amour
Fiore di fulmine
Amore, Parigi e un gelato al pistacchio
La ragione dei sensi
Sherlock Holmes e il Signore della notte
Addio è solo una parola
All'improvviso la scorsa estate
La stagione degli innocenti
Scia di morte. L'ultimo viaggio della Lusitania
L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome
I piaceri della notte
Nessun ritorno
Campari a colazione
Per te qualunque cosa


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L'amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande. (Woody Allen)
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venerdì 18 novembre 2016

Segnalazione: PUTIN

Putin e la ricostruzione 
della grande Russia
Sergio Romano
Longanesi - Pag. 160 - € 18

Uno dei personaggi più controversi della storia attuale
Una delle voci più autorevoli del giornalismo italiano
Un autore da oltre 400.000 copie vendute

Perché i russi amano Putin? Il numero uno del Cremlino preoccupa europei ed americani, ma esprime le ambizioni di un Paese fiero della sua storia e che non intende rinunciare al suo ruolo

Dire Russia per molti significa dire Vladimir Putin. Da più di quindici anni al governo di un Paese di enormi dimensioni, che si estende dal Mare del Nord al Pacifico, l’«uomo più potente del mondo», come dal 2013 lo definisce Forbes, ha infatti impresso il proprio marchio sulla storia recente dell’ex impero sovietico. Non solo. Con una strategia politico-istituzionale aggressiva e spregiudicata, che in più occasioni è parsa lontana dagli standard delle democrazie occidentali, è diventato uno degli attori principali sullo scenario geopolitico contemporaneo. Ma quali sono le ragioni profonde di questo successo? Quale il segreto di un potere così incontrastato? Secondo Sergio Romano, che ha concluso la sua lunga e prestigiosa carriera diplomatica come ambasciatore proprio a Mosca, Putin si è impegnato a fondo nella ricostruzione dell’identità russa, rinnovando un bagaglio di simboli, valori e ideali rimasti sepolti per secoli. Consapevole del peso della tradizione, che da Pietro il Grande al tramonto dello zarismo ha forgiato istituzioni e culture politiche della nazione, Putin ha saputo gestire a proprio vantaggio la memoria pubblica della Rivoluzione d’Ottobre, rafforzando al tempo stesso il ruolo della Chiesa ortodossa, cui ha garantito un nuovo spazio sociale. Ha rispolverato, insomma, un’ideologia e una missione. È da queste premesse, ci fa capire Romano in pagine documentate e illuminanti, che dobbiamo necessariamente partire se vogliamo capire qualcosa di più della Russia odierna e del nostro presente, dalla guerra al terrorismo in Cecenia al conflitto con l’Ucraina per l’annessione della Crimea, dalla dottrina militare anti-NATO all’attuale intervento in Siria, che agita i fantasmi di una guerra fredda collocata troppo in fretta negli archivi della Storia.  

 

giovedì 12 novembre 2015

Novità: LA QUARTA SPONDA

La quarta sponda
Dalla guerra di Libia alle rivolte arabe
Sergio Romano
Longanesi Storia - Pag. 336 - € 22
Non è certamente un caso, se oggi la Libia è, insieme alla Siria, il Paese più violento e caotico del Mediterraneo. Nella Quarta sponda, Sergio Romano ne ripercorre la storia e ce ne illustra i tanti volti. Il primo è quello delle due province ottomane, alla periferia dell’Impero, quando l’Italia ne decise la conquista: piccole società ebraiche ed europee nelle due città maggiori, modesti traffici con il Mediterraneo e con l’Africa, tribù combattenti e gelose della loro indipendenza che daranno molto filo da torcere all’amministrazione coloniale italiana. Il secondo è quello della colonia degli anni Venti e Trenta. Nacque allora, soprattutto durante il governatorato di Balbo, una Libia italiana di cui esistono ancora parecchie tracce. Il terzo è quello della Libia post-coloniale, dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la proclamazione dell’indipendenza: un piccolo regno, una nuova ricchezza rappresentata dal petrolio e dal gas, un’importante comunità italiana e buone relazioni con la vecchia potenza coloniale. Il quarto è quello di Gheddafi, ufficiale nazionalista, spregiudicato, tirannico, divorato da insaziabili ambizioni. Il quinto e ultimo volto è quello incompleto di un Paese che non è ancora riuscito, dopo le rivolte arabe, a trovare un nuovo equilibrio ed è tuttora sconvolto da una sanguinosa guerra civile. Ma è sempre lì, di fronte alle coste italiane, con le sue ricchezze, le sue minacce e il suo carico d’immigrati che riversa sulle nostre spiagge: una buona ragione per conoscere meglio la sua storia.  

martedì 21 aprile 2015

Sergio Romano, "In lode della guerra fredda"

Come l’America ha creduto di aver vinto la Guerra Fredda,
rendendo il mondo ingovernabile
Sergio Romano 
IN LODE DELLA GUERRA FREDDA
 Longanesi - 140 pagine - 16,00 €

Era una linea e divideva il mondo: da Stettino a Trieste, da una parte gli Stati Uniti e le democrazie europee, dall’altra l’Urss e i suoi satelliti. Due giganti che per trent’anni (1962-1991) si sono osservati e misurati, ognuno dal terreno conosciuto della propria guardiola, senza mai scontrarsi direttamente.
In questo suo nuovo saggio, Sergio Romano prende le mosse proprio dalla Guerra Fredda per analizzare gli equilibri politici odierni, mettendo in evidenza come, a dispetto del nome, essa rappresentò in realtà un lungo periodo di pace e stabilità per l’Europa. A differenza di ciò che accade oggi, infatti, le due superpotenze seppero frenare le forze che al loro interno premevano per lo scontro, ben consapevoli che lo scoppio di una guerra nucleare avrebbe avuto conseguenze disastrose per tutti. Un equilibrio precario, ma pur sempre un equilibrio che venne paradossalmente messo in crisi dalla caduta del muro di Berlino e dalla disintegrazione dell’Urss, eventi che favorirono la rinascita di antichi nazionalismi e portarono allo scoppio di numerosi conflitti, dalla Cecenia al Caucaso all’ex Jugoslavia.
Dopo aver lanciato un necessario sguardo al passato, dalla crisi cubana ai conflitti in Corea e Vietnam, in Lode alla Guerra Fredda Sergio Romano giunge fino ai nostri giorni, mettendo in luce le responsabilità di Stati Uniti ed ex Unione Sovietica nell’insorgere tanto della crisi ucraina quanto dell’emergenza libica e del fanatismo jihadista e ponendo l’accento soprattutto sulla nascita dei cosiddetti “non Stati” – Isis, Ghaza, Kurdistan iacheno, Siria, Libia – con le grandi incognite che ne derivano: come si combatte contro un “non Stato”? Come lo si governa? E come si può ricostruire l’ordine perduto?

Sergio Romano (Vicenza, 1929) è stato ambasciatore alla NATO e, dal settembre 1985 al marzo 1989, a Mosca. Ha insegnato a Firenze, Sassari, Pavia, Berkeley, Harvard e, per alcuni anni, all’Università Bocconi di Milano. È editorialista del Corriere della Sera. Tra i suoi ultimi libri pubblicati da Longanesi: Morire di democrazia (2013) e Il declino dell’impero americano (2014).

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