“Senza contorni, senza fine, e
forse senza forma … sta succedendo qualcosa dentro di me, ma non capisco cosa.”
Rywka Lipszyc (si legge “Rifka Lipsciz”) cominciò a scrivere l’unico
volume superstite dei suoi diari nel ghetto di Łódź, poco dopo aver compiuto 14
anni. Nel giro di 6 mesi, dall’ottobre del 1943 all’aprile del 1944, riempì più
di cento pagine, poi all’improvviso smise. Un anno dopo, una dottoressa
sovietica entrata ad Auschwitz-Birkenau, insieme all’Armata Rossa, trovò il
diario accanto alle macerie del forno crematorio. Il percorso del diario sembra
suggerirci che Rywka abbia trovato la morte nel campo di concentramento, ma non
rimarrà una delle tante vittime senza nome dell’Olocausto, poiché le sue parole
vivranno per sempre.
Il suo diario ha affrontato una storia particolare. La dottoressa che
lo ha rinvenuto accanto ai forni crematori lo ha custodito per sessant’anni
nella Siberia occidentale fino al momento della sua morte quando i suoi effetti
personali passarono al figlio e alla morte di quest’ultimo alla moglie. Nel 1995
il diario giunge nelle mani di Anastasia, una discendente. Anastasia lo legge e
ne intuisce lo straordinario valore. Decide di portarlo a San Francisco, dove è
emigrata nel 1991. Negli anni seguenti si mette in cerca dell’istituzione più
adatta cui consegnare questa straordinaria testimonianza.
Zinaida Berezovskaya, medico che trovò il diario |
Nel 2008 Anastasia lo consegna al Centro per l'Olocausto del nord
California e del Brooklyn College che, stabilitane l'autenticità, decide di assicurare
la sopravvivenza del testo originale e due anni dopo il diario viene tradotto
in inglese, corredato dagli interventi di importanti studiosi, integrato con le
testimonianze di due cugine di Rywka e con il resoconto delle ricerche compiute
sulla sorte dell’autrice dopo il ritrovamento del diario.
Dietro
la pubblicazione di questo preziosissimo volumetto, c’è un lungo lavoro
storiografico che ricostruisce le vicende storiche e biografiche della
protagonista.
Il suo diario, che rimane bruscamente in sospeso, come se Rywka fosse
stata interrotta mentre lo scriveva, non ci offre soltanto uno sguardo
privilegiato sulla vita quotidiana nel ghetto, ma soprattutto la storia
personale e la lotta di una ragazza costretta a crescere orfana di entrambi i
genitori, occupandosi delle sorelle, in una situazione di totale povertà e oppressione.
Per la ragazza, il diario è l’unico conforto, uno strumento di salvezza,
che simboleggia agli occhi del mondo l’ineluttabilità del suo destino.
Nonostante tutto quello che le succede, Rywka non perde la fede,
nemmeno negli ultimi giorni, perché è una delle poche cose che i suoi genitori,
prima delle loro premature morti, hanno avuto il tempo di trasmetterle.
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