Tutto quello che facciamo per amore è un romanzo che mi ha spiazzata, perché l’ho immaginato diverso.
Normalmente,
guardando la copertina e leggendo la trama, si creano le prime aspettative
riguardo al romanzo che si ha davanti.
Di solito, si simpatizza con un personaggio
e si prova empatia verso di lui, quando agisce nel modo in cui ci aspettiamo
che agisca, cioè nel modo più razionale.
Ma cosa avviene quando ci sorprende?
Siamo
pronti ad accettarlo e a fidarci delle sue scelte?
Mi è accaduto qualcosa di simile quando ho iniziato a leggere la storia
di Tracy Chance, che si è rivelata a metà strada tra il dramma e il mistery.
A Paul ci si affeziona facilmente. Non è il classico bambino viziato,
ma un esserino indifeso e bisognoso d’affetto. Tracy è troppo sola per non
subire il contraccolpo che la convivenza con Paul e l’alone di mistero, che lo
avvolge, provocano in lei.
Tracy non è una detective, ma non può rinunciare a capire perché
nessuno si stia dando da fare per cercare il bambino che lei ha salvato. Anche dopo
averlo tenuto per pochi minuti tra le braccia, Tracy continua a compiere scelte
apparentemente irrazionali, ma che hanno senso soltanto se le si analizza
attraverso l’innato senso di protezione che la contraddistingue.
La copertina originale |
Il titolo originale del romanzo di Sara J. Henry è “Learning to swim” (Imparando a nuotare) ed è proprio come se Tracy scoprisse il suo
lato più femminile e materno, vivendo accanto a Paul, curandosi di lui e delle
sue esigenze di bambino indifeso, e soprattutto cercando di svelare la sua
misteriosa vicenda.
Le azioni irrazionali della protagonista, dopo aver sconcertato il
lettore, lo coinvolgono nei ragionamenti alla base di ognuna di loro, non
mancando di sorprenderlo.
C’è un giallo da risolvere: non ci può essere il nulla dietro Paul. Un
tassello dopo l’altro, Tracy inizia a investigare e a portare a galla una
verità sconcertante. Anche il finale non manca di sorprendere e spiazzare.
È una lettura fortemente psicologica e realistica sulla natura umana e
sull’istinto materno. È una storia scritta bene, con uno stile narrativo
avvincente, che consiglio a tutti coloro che amano i gialli con vicende
familiari misteriose.
“Avevo riunito un padre e un figlio e avevo
perso un bambino che non era mai stato mio. Avevo riempito un vuoto nella sua
vita e ne avevo scavato uno nella mia.”
1 commento:
Ha un bel titolo che potrebbe adattarsi a molte storie.
Buon venerdì cara!
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