Tre giorni per morire è il classico thriller adrenalinico e psicologico
con una trama che si adatterebbe benissimo ad un prodotto cinematografico, come
anche ad una serie tv.
Il rapporto fra genitori e figli è chiamato in causa, insieme alla
normalità e banalità di qualsiasi ambiente domestico.Quando una madre si separa dai figli, tende a lasciarli andare in posti
che reputa sicuri e con persone di cui si può fidare. Dove i figli sono
veramente al sicuro?
Fin dalle prime pagine ci si pone questa domanda che va a scontrarsi
con gli eventi reali. Sicuramente, una qualsiasi madre sente che la risposta a
quella domanda è proprio la scuola, anche se la recente cronaca e questo
thriller ci dimostreranno il contrario, soprattutto perché una qualsiasi madre
abbassa la guardia quando crede che i propri figli siano in un luogo “sicuro”
mentre invece non lo sono.
Il thriller si apre con un capitolo, un prologo, a forte impatto
emotivo. Una donna torma a casa serenamente, ma dentro fa la più terribile
delle scoperte: sua figlia, che dovrebbe essere a scuola, è a terra in una pozza
di sangue e un uomo con un coltello insanguinato è sopra di lei.
Come vedete il primo impatto è sconvolgente. Rompe la routine e il cliché dell'ambiente
familiare.
Posso ancora dirvi di più, senza togliervi il bello di leggerlo, perché
la trama in copertina anticipa qualcos’altro. La madre Abigail lotta con quello che crede
essere l’assassino di sua figlia Emma e lo uccide a mani nude. Quale madre avendone
l’occasione non lo farebbe? Non è solo questione di legittima difesa, ma è la
reazione più prevedibile di una donna cui hanno strappato l’affetto più grande.
Lo shock della donna aumenta quando si scopre che il corpo della ragazza non è
quello di sua figlia che, invece, è scomparsa.
Questo thriller ha tutte le premesse per essere vincente e forse solo
le 470 pagine di romanzo possono scoraggiare gli animi dei lettore più pigri,
ma vi assicuro che vi prenderà e il totale delle pagine non sarà altro che un
numero.
Il secondo thriller di Karin Slaughter, che aspira a cambiare il modo
in cui gli uomini vedono le donne, dimostra che anche le donne sono in grado di
scrivere thriller perfetti. Il genere non è appannaggio esclusivo dell’uomo
come molte altre cose. Anche le donne sanno giocare e disseminare bene gli
elementi della suspense, accentuandone i risvolti emotivi e psicologici. Perfetta
la Slaughter come scrittrice di thriller e mi riprometto di recuperare anche il
su primo libro L’ombra della verità, di cui Tre giorni per morire è la perfetta
conferma.
***AVVISO SPOILER***
Se volete leggerlo,
fermatevi e non leggete oltre.
Mentre se l’avete già letto, vedete se siete d’accordo con
me.
Cos’altro posso dirvi?
La vita dell’agente speciale del Georgia Bureau
of Investigation, Will Trent, è sempre più complicata e sempre più intrecciata
con il caso da risolvere. Questa volta dovrà lottare contro il tempo per
salvare una diciassettenne dai suoi sadici rapitori ed avrà soltanto tre giorni
per riportarla sana e salva dai suoi genitori.
Cosa mi è piaciuto di più di questo libro?
La trama è coinvolgente. È un thriller che scorre, nonostante la poca
simpatia che abbia per i capitoli eccessivamente lunghi, ma è un minimo difetto
che si può sorvolare, se ci si concentra sull’originalità delle vicende che
arrivano ad indagare l’abisso dell’animo umano. La parte psicologica colpisce,
cattura la curiosità, fa riflettere. Lo stile incalzante e la suddivisione in
tre grandi parti, che scandiscono cronologicamente il passare dei tre giorni, è
funzionale e proporzionale al coinvolgimento che si raggiunge, mentre si insinuano
dubbi, vengono presentati sospettati, si indaga sulla famiglia, giungono i
primi esiti della scientifica, vengono effettuate nuove ricerche e
interrogatori.
Karin Slaughter la si può inquadrare come una donna che vuole seguire
le regole e vuole raggiungere la verità, così come fanno i suoi personaggi. Il suo agente speciale è un uomo in
conflitto con il suo passato e con il suo presente, ma quando segue un’indagine
cerca di non commettere errori e non riesce a non lasciarsi coinvolgere.
Cosa ho imparato da questo thriller?
Ho approfondito la conoscenza del disturbo della dislessia e di come
chi ne è affetto tenti di non farsi notare, camuffando i propri comportamenti,
ricorrendo a piccole astuzie o a trovate tecnologiche. La psiche, che soffre
per una carenza, è pronta a lottare per apparire normale e non far notare i
difetti è il primo obiettivo.
C’è amore in questo libro?
C’è l’amore, sano e genuino, per i figli, ma c’è anche l’amore ossessivo,
malato, contorto e che si avvicina più all’odio, al rancore represso …
Cosa c’è di originale?
Di solito i thriller finiscono con la risoluzione in positivo o in
negativo delle vicende e si ipotizza che tutto si rimetta al posto giusto,
anche nella vita delle vittime. In questo libro, invece, c’è una parte in più, nel
classico epilogo, in cui si narra la vita dei protagonisti che, dopo aver
vissuto eventi così scioccanti, cercano di rimettersi in sesto, di riportare in
carreggiata le loro esistenze, superando le vicende traumatiche, cercando di
ristabilire una normalità che, ovviamente, non potrà essere quella di una
volta.
E, infine, perché ve lo consiglio?
Prima di tutto, perché se una scrittrice viene tradotta in trenta Paesi
e vende quaranta milioni di copie sicuramente scrive dei thriller più che interessanti, i quali sono anche ottimi prodotti sul mercato.
E secondariamente perché a me è piaciuto molto e mi sento di
consigliarlo a chi gradisce il genere del moderno thriller investigativo.
Voi, l'avete letto? Vi è piaciuto?
In quel posto credete che i vostri figli siano più al sicuro senza di voi?
3 commenti:
Intendo leggerlo e quindi mi sono fermata a metà. D'altra parte la trama è veramente avvincente anche se abbastanza terrorizzante. Come si fa a non leggerlo?
ciao Pupottina, grazie per questa recensione, mi sembra interessante come trama e originale, volevo dirti che sono in pausa per un po' perche' ho problemi alla vista, ciao baci rosa a presto.))
Trama che avvince!
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