Un romanzo fantastico per riscoprire come gestire,
con simpatica tenerezza, gli alterchi e le differenti aspettative nel rapporto
madre-figlia, ma anche un modo per conoscere lo stile intensamente magico ed
umoristico con il quale la scrittrice iraniana, Marjan Kamali, ci parla del suo
Paese e di come i migranti, sfuggiti al governo rivoluzionario di Saddam, continuano
a vivere nel resto del mondo. In particolare, il romanzo approfondisce il tema “caldo”
dei rapporti USA-Iran.
Le protagoniste sono due.
Mina è una ragazza di 25 anni, nata a Teheran e
vissuta, negli ultimi 15, a New York, di cui ha imparato tutto, ma che non
sente completamente sua.
Darya è la madre laica e progressista di Mina che
in America ha portato con sé tutto l’amore per le tradizioni e la cultura del
suo Paese, nel quale spera di ritornare.
La copertina originale |
L’America è stata per entrambe, Darya e Mina, un
rifugio sicuro, come per il resto della loro famiglia: il marito Parviz, e i
due, rispettivamente, figli e fratelli maggiori. L’America ha dato loro la
possibilità di vivere liberamente, senza restrizioni o limiti. Ha dato
autonomia lavorativa, con ottime possibilità, e libertà di espressione e opinione,
senza una vita di continui pericoli o privazioni.
Il titolo “Un marito all’ora del tè” è
simpaticissimo e riguarda l’ardire di Darya nel voler rispettare un’antica
usanza iraniana, quella del matrimonio combinato, per offrire alla figlia, in
dono, un marito, così come, a suo tempo, sua madre lo aveva organizzato, o
meglio “incoraggiato”, per lei. Ma Mina è diventata una ragazza occidentale e
trova terribilmente imbarazzante e inutile la cerimonia del tè, durante la
quale incontrare, di volta in volta, il candidato aspirante marito, selezionato
con cura da sua madre.
Il romanzo è datato 1996 e si compone di tre parti.
La seconda, però, narra il passato, il 1978 a Teheran e l’infanzia di Mina che
descrive, con gli occhi di lei bambina, com’è cambiata la vita lì, nel periodo
in cui è arrivato Saddam, e come ci si è dovuti abituare al regime e all’orrore
dei bombardamenti e alla progressiva perdita della libertà, fino ad essere
costretti alla fuga.
Un marito all’ora del tè è anche un romanzo che
parla di religione (“è una stampella per
i deboli. È una via di fuga. Un’illusione. Un mezzo per farsi manipolare”)
e di politica (“Il pendolo oscilla. Da un
estremo all’altro. Gli uomini esprimono sempre le loro idee attraverso le
donne”).
È un romanzo con il quale ridere e piangere, che,
con lo stile della commedia romantica, descrive la cultura, i colori, i profumi
e la realtà dello spaesamento vissuto dai migranti, costretti ad abbandonare la
loro Patria per adattarsi a vivere altrove. L’integrazione è sempre difficile
e, nonostante l’apparente inserimento, manca sempre quel qualcosa che si
acquisisce dalla nascita, quel senso di “sentirsi come a casa”.
Darya non ha il coraggio di dire al marito che
vorrebbe rivedere la sua casa e i parenti lasciati a Teheran, mentre Mina ha
bisogno di quel viaggio per riscoprire le sue radici e compiere quella che sarà
la scelta più importante della sua vita.
http://youtu.be/XMoSlXyGM4A
3 commenti:
Un libro sicuramente interessante da quello che scrivi. Da acqusitare e da leggere.
Una recensione che invita alla lettura.
Ciao cara Pupottina, finalmente sono arrivata a salutarti, dopo tanto tempo. Ti lascio un abbraccio e un sorriso. Buona settimana
ciao Pupottina, grazie della interessante recensione e complimenti per le scelte librarie, anche in questo libro ci sono vari ingredienti che possono accontentare i vari tipi di lettori, per niente scontato e attuale, ciao grazie baci rosa a presto.9 buona settimana
Posta un commento