CAVALLO
DI FERRO Editore
presenta
Natura morta con briciole
Anna Quindlen
(Cavallo di ferro, EAN
78-88-7907-144-4, 18,00 euro, pp. 286;
titolo originale Still
Life with Bread Crumbs 2014, traduzione: Annarita Guarnieri)
DALLA
CIMA DI UN ALBERO,
SI PUÒ DIRE DI NUOVO SÌ ALLA VITA
Candidato al Baileys
Women’Prize
for Fiction 2014
Da luglio 2014 in libreria
Cosa fare se si è una
donna di sessant’anni, tornata single dopo
essere stata sposata a un accademico snob e arrogante, con un figlio dal futuro
ancora incerto, dei genitori anziani dalla salute compromessa, un passato di
successi professionali che stentano a replicarsi e la possibilità reale di
notevoli ristrettezze economiche all’orizzonte?
Si affitta l’amato e confortevole appartamento nell’Upper West Side di Manhattan e ci si trasferisce in un malridotto cottage di montagna, nell’auspicio che il
cambio si riveli remunerativo – e pazienza se si dorme su un letto scomodo in
una stanza senza prese elettriche, e se un procione dimora placidamente in
soffitta. Questo almeno è ciò che fa la fotografa newyorkese
Rebecca Winter, cui non resta che adattarsi al nuovo habitat e alla conoscenza di persone molto diverse da quelle
frequentate in città. Come Sarah, la ciarliera proprietaria del Tea for Two,
o Tad, il clown più gentile della Terra, o come Jim Bates, “tracciatore degli
itinerari degli uccelli” per lo State Wildlife Service, l’agenzia preposta alla cura della fauna selvatica nel territorio
statunitense. Jim aiuta Rebecca nella
ristrutturazione del cottage e spesso la accompagna nelle sue peregrinazioni
silvestri. Ed è setacciando il bosco che la donna s’imbatte in alcune
misteriose piccole croci, disseminate tra rocce e vegetazione in un disegno
solo apparentemente casuale. Rebecca decide di farne l’oggetto di una nuova
serie di foto, ignorando che le croci sono collegate a un evento tragico
accaduto a Jim, di cui – a dispetto della differenza di età – si sta
innamorando ricambiata...
Ultimo
romanzo di Anna Quindlen, Natura morta con briciole è meno
apertamente politico rispetto ai precedenti ma mostra un’ambizione maggiore nel
volersi cimentare con il
racconto di tutto quanto sta attorno al non detto: le percezioni,
le emozioni e lo sguardo. È infatti e soprattutto il potente racconto di uno
sguardo che cambia e si ricrea.
Dunque, chi meglio di una protagonista che fa la fotografa poteva
conferire forza e magnificenza all’atto di
guardare?
Gli scatti trattengono in eterno la verità impressa dallo sguardo del
fotografo. Che poi i fruitori dell’arte possano rivelarsi non in grado di ricevere questa verità, preferendo
oggettivarla per il mero gusto di sfoggiare una bella istantanea in cornice
durante una cena in piedi è un rischio che va messo in conto e che, comunque, vale la pena se il
contrappeso è una popolarità che consente di vivere di royalties per qualche decennio. È quello che è accade a Rebecca Winter con le sue
serie di foto Piano di cucina, prima, e Neonato poi, fatte quando era una
moglie e una madre poco più che trentenne, affaticata dalle nuove responsabilità
e lontana da alcuna velleità artistica. Il successo inatteso coincide con la
presa di coscienza del suo talento, la sua è un’estetica che rifugge orpelli e manomissioni,
tesa all’essenzialità e per questo intensamente
armoniosa e sincera. Rebecca fotografa quello che c’è, che abita la sua vita, non lo altera, né lo
muove, semplicemente lo accoglie.
Nel corso degli anni,
aveva pensato a una quantità di motivi per cui la gente pareva non amare
l’arbitrarietà della realtà. La gente non voleva neppure credere che lei
avesse semplicemente fotografato quello che c’era già... una bottiglia
rovesciata, con una piccola pozza di olio d’oliva che scintillava lungo la sua
bocca ricurva, una manciata di forchette unte che brillavano sotto la luce che
pioveva dall’alto, e naturalmente ciò che poi era stato chiamato Natura morta con briciole, una composizione dall’aria vagamente
fiamminga di bicchieri da vino sporchi, piatti accatastati, l’estremità
spezzata di due baguette e uno strofinaccio per i piatti con un angolo strinato
dalla vicinanza dei fornelli.
Raccontando per immagini la sua quotidianità domestica, Rebecca ha raccontato
quella di tante altre donne, instaurando un duraturo rapporto d’empatia. Le
foto, periodicamente ristampate, sono state riprodotte su cataloghi, poster, cartoline. I
tempi cambiano, però, e così gli istinti di sorellanza; all’arte non si chiede
più di essere empatica bensì efficacemente decorativa, e “la moneta della
notorietà comincia a fruttare interessi sempre minori”. È proprio in un momento
così critico che Anna Quindlen decide di presentare ai lettori la sua Rebecca: oltre la mezz’età già
da un po’ e alle prese con una delicata impasse professionale. Una scelta
distintiva – se non
sovversiva – da parte dell’autrice, quella di eleggere ad argomento narrativo
la vita di una sessantenne con addosso la paura di invecchiare, per di più in
in miseria. Eppure Rebecca, un po’
per via di quella consapevolezza di sé derivatale dall’essere stata giovane
negli anni Settanta, un po’ per naturale temerarietà, guarda in faccia il
rovescio della fortuna e decide di attraversarlo. Cittadina fino al midollo,
non esita a lasciare la sua casa con affaccio su Central Park e a stabilirsi in una località rurale di
montagna. Che sia tale spostamento l’occasione per vivere all’insegna di quell’essenzialità finora
prevalentemente fotografata? Nonostante
se stessa, mette in circolo energie nuove,
sconosciute o, forse, solo sopite, si lascia catturare da ispirazioni inedite e
si scopre aperta ad amori imprevisti, insomma cambia sguardo e passo, ma lo fa
restando se stessa.
Se non si vuole considerare Natura morta con briciole un romanzo
femminista scritto in epoca post-femminista, come fa il New York
Times, lo si può senz’altro reputare un romanzo verità nel senso più appagante, denso di temi importanti – tra cui la vita convulsa della città e la crescente
incapacità di un certo ceto alto-borghese metropolitano di andare al di là
della superficie, la caducità della fama, le mistificazioni cui si presta
l’opera d’arte, il sollievo provocato dalla comunione con la
natura, l’imprevista
autenticità di rapporti intessuti in un habitat inconsueto –, temi che
toccano il percorso di ogni individuo lasciando il segno.
Scrittrice
e opinionista dalle posizione spiccatamente liberali e attentissima alle
istanze femminili, Anna Quindlen (Philadelphia, 1952) è tra i
protagonisti del dibattito intellettuale e civile statunitense da quasi
quarant’anni. La sua carriera, costellata di riconoscimenti e di lauree ad
honorem, inizia come giornalista. Per tredici anni, tiene una rubrica fissa
sulla prestigiosa Op-Ed (opposite
the editorial page, la pagina prevista per
ospitare articoli, a firma di opinionisti esterni, non in linea, se non proprio
in opposizione, con la politica editoriale della testata) del New York
Times, in cui racconta le sfide quotidiane delle
donne americane (dai cambiamenti della maternità in epoca contemporanea, alla
presenza delle lesbiche nelle forze armate, all’analisi della figura sempre più
prominente della First Lady). Per questi suoi appassionati editoriali, nel 1992,
vince il Premio Pulitzer.
La produzione di
Quindlen spazia dalla saggistica ai testi per ragazzi fino alla
narrativa. Tra i suoi libri: One True Thing (1994) – da cui è stato tratto il film La voce
dell'amore (1998) con Renée Zellweger, Meryl Streep
(candidata all’Oscar) e William Hurt –, Black and Blue (1998), Blessings (2002) – successivamente
divenute omonime serie televisive – e A Short Guide to a Happy
Life (2000, La vita è una cosa meravigliosa
2001), che ha
venduto quasi un milione di copie.
Hanno detto:
Anna Quindlen è un mostro di
empatia. The New York
Republic - Lee Siegel
Nel suo nuovo, poderoso romanzo, Anna Quindlen
porta alla luce le intense emozioni che si nascondono sotto la superficie della
vita. Publishers Weekly
Una
tragicommedia dall’umorismo sofisticato, molto più vicina a Jane
Austin che a Mary McCharty, nel cui solco Anna Quindlen comunque si colloca. The New York Times
Nel
descrivere in modo sublime i soggetti delle foto della protagonista, Anna
Quindlen muta i dettagli
della vita delle donne in immagini indimenticabili. People
Un romanzo, rigenerante come una tazza
di tè caldo, sulla vulnerabilità dell’invecchiare. Incantevole. Usa Today
La
toccante perlustrazione della vita interiore di una matura fotografa che scopre
che la realtà contiene molto più colore rispetto ai propri scatti in bianco e
nero. Library Journal
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