PER L’ESTATE 2014, GARGOYLE propone
VITA DI TARA
British Fantasy Award 2012
Diritti opzionati per il cinema
di Graham Joyce
vincitore del World Fantasy Award,
di 5 British Fantasy Awards,
di 2 Grand Prix de L’Imaginaire
(EAN 978-88-98172-39-9, titolo originale Some Kind of Fairy Tale, 2012,18 €, pp. 362. Traduzione di Benedetta Tavani)
LE FAVOLE SONO MAPPE CHE AIUTANO A SOPRAVVIVERE
In una cittadina dell’Inghilterra centrale, la sedicenne Tara Martin
scompare improvvisamente. È uscita a fare una passeggiata negli
Outwoods, l’antico e misterioso bosco vicino, e non è più rincasata. La
mobilitazione per trovare la ragazza è enorme: famiglia, amici,
conoscenti, forze dell’ordine (agenti di diverse stazioni limitrofe,
unità cinofile e sommozzatori). Di Tara, però, non v’è traccia. La
polizia accusa Richie Franklin, il fidanzato diciottenne, di averla
uccisa in seguito a un diverbio, rilasciandolo poi per insufficienza di
prove ma marchiandone per sempre il destino. Parecchio tempo dopo, in una nevosa sera di Natale, Tara ritorna. La
famiglia non crede ai propri occhi. Se nei genitori prevale la gioia e
il sollievo, Peter, il fratello maggiore, è costernato: non riesce a
dimenticare che la lunga assenza della sorella è stata fonte di un
dolore indicibile e della rottura con Richie, il suo migliore amico e
quasi un altro figlio per suo padre e sua madre. Ecco ora ripresentarsi
Tara come se nulla fosse. Con indosso abiti fuori moda e un profumo di
pioggia, vento, foglie, funghi, boccioli, la donna non sembra affatto
invecchiata. E sì che sono passati vent’anni… ma Tara ha un’altra
concezione del tempo e afferma di essere stata via soltanto sei mesi.
Qualcosa evidentemente non quadra. Dove è stata Tara per tutto questo tempo? È stata rapita e plagiata da qualcuno? E da chi? Perché ciò che racconta è talmente singolare da spingere Peter a chiedere il supporto di uno psichiatra?
Cultore di scrittori come Joseph Sheridan Le Fanu e Lord Dunsany, nel cui solco rivendica di muoversi, Graham Joyce nutre un’altissima concezione dell’onirico e del magico, così come del folklore nordeuropeo, in particolare irlandese. Coerentemente alla traduzione letterale del titolo originale, si può senz’altro considerare Vita di Tara Some Kind of Fairy Tale,
“un certo tipo di favola”, in cui però non si trova unicamente quel che
ci si aspetta di solito da una favola tradizionale, ma anche
qualcos’altro. L’autore aggiorna, infatti, le fairy tales (le fiabe sulle fate), calandole nella routine più ordinaria,
e proprio in questa fusione di fantastico e di realismo prende corpo la
sua suggestiva poetica. Joyce, da un lato, recalcitra davanti a
un’interpretazione meramente razionale dell’umana esperienza nel mondo
ma, dall’altro, non riesce ad abbandonarsi del tutto all’irrazionale, ha
bisogno di muoversi su entrambi i piani e ha la grande ambizione di
trascinarvi anche il suo lettore, a cui chiede capacità di stupirsi e
mente apertissima. Ciò è più che mai evidente in Vita di Tara,
che già solo a livello strutturale scompagina le carte del genere:
distanziandosi dalla maggior parte dei romanzi fantasy, infatti, poggia
su un punto di vista plurimo – la prospettiva del
narratore onnisciente, i resoconti altisonanti del dottor Underwood, il
racconto in prima persona di Tara, il flusso di coscienza di Richie –
che ha l’effetto di una messa in discussione ininterrotta dei fatti raccontati.
Lo sviluppo della storia – che, in sostanza, è la storia del rapporto
tra un personaggio inchiodato a un tempo fermo e altri personaggi per
cui il tempo, invece, continua a scorrere normalmente – fa il resto.
L’elemento fantastico è rappresentato dalla convivenza di Tara – un
essere umano – con gli elfi – creature dagli spiriti fluidi e dai corpi
leggeri, dotate di abilità sovrannaturali come la levitazione, il poteri
della mente e la manipolazione del tempo. Come nella più classica delle
favole, Tara ha seguito uno di loro, Hiero – il seduttore dal cavallo
bianco che l’aveva adocchiata negli Outwoods restandone infatuato –
arrivando in una sorta di comune dove vige un’assidua promiscuità e dove
le tensioni tra gruppi si risolvono con combattimenti rituali. Ma ancor
più che le caratteristiche di questo mondo-altro, nel romanzo di Joyce
spiccano soprattutto le ragioni che portano Tara ad AVVICINARSI
all’habitat favoloso, ALLONTANANDOSI dalla sua esistenza di sempre.
Tara, infatti, è sempre stata diversa, “una che dava l’impressione di
avere dei propositi che non erano di questo mondo, aspirazioni tutte
sue, misteriose ed esoteriche” ed è per questo che ha accettato senza
esitazioni di accompagnarsi a uno sconosciuto. Il fulcro del romanzo sta
qui. Joyce scandaglia, attraverso la favola, la psicologia di
coloro che vanno “fuori strada”, di coloro che avvertono in maniera
crescente la difficoltà di piegarsi a norme e codici sociali non in
sintonia con la loro natura. Disadattati, anticonformisti?
Probabilmente solo idealisti, con un miraggio di felicità e armonia cui
non intendono rinunciare. Joyce ci regala, così, una splendida fiaba
moderna dove non manca nulla: il tema dell’identità personale, il
mistero del tempo, il rapporto tra passato e presente, il conflitto tra
l’individuo e gli altri – siano essi la famiglia o la comunità
d’appartenenza –, la fine della giovinezza, il rimpianto per le
aspirazioni mancate, il cambiamento, la perdita.
Gli eserghi scelti dall’autore per l’inizio di ogni capitolo
– che spaziano da Chaucer, Shakespeare, Dickens, Yeats, Einstein,
Auden, Le Guin, a proverbi, stralci di filastrocche, ballate e canzoni
popolari fino agli atti processuali su un omicidio avvenuto nel 1895 – costituiscono un ipertesto che eguaglia in suggestione il romanzo stesso, cui
ci sentiamo di aggiungere i bellissimi versi del poeta
trascendentalista Thoreau che ci sembra racchiudano il senso ultimo del
romanzo:
“Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza e
profondità, e succhiare tutto il midollo della vita; per sbaragliare
tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non
ero vissuto”.
(Walden, o Vita nei boschi, Henry David Thoreau) .
Nato nel 1954 in un piccolo villaggio minerario appena fuori Coventry da una famiglia della classe operaia, Graham Joyce ha vinto premi prestigiosi come il World Fantasy Award nel 2003, il British Fantasy Award, il Grand Prix de l’Imaginaire, l’O Henry Award e l’Angus Award ed è tradotto in più di venti lingue.
Dottore in letteratura inglese, attualmente insegna scrittura creativa
alla Nottingham Trent University. Vive a Leicester con la moglie e i due
figli. Tra i suoi romanzi Dark Sister, Requiem, The Tooth Fairy, Indigo,L’uomo dietro al vetro, Forse questa è la vita (Nord 2005, 2006),Memoirs of a Master Forger.
È il portiere titolare della Nazionale inglese degli Scrittori.
Da Vita di Tara:
Il mio corpo non è invecchiato, ma la mia mente sì. […] Il problema è
che molte delle persone che ho lasciato qui non sono cresciute e a
volte le trovo fastidiosamente semplici. Mamma e papà, ad esempio. Io li
amo, morirei per loro, ma guardano tv spazzatura e leggono riviste
spazzatura, e non fanno altro che ripetere ciò che hanno imparato dalla
televisione e dai giornali scadenti. […] [sono] soltanto ombre di quello
che erano prima. Gusci vuoti. Hanno permesso che l’età li degradasse,
invece di maturarli. E poi, c’è mio fratello Peter. Da giovane era come
uno splendido animale; in lui ardeva una fiamma. Mentre adesso è
soltanto uno stanco padre di famiglia, che passa il giorno piegato in
due su un’incudine a martellare ferri di cavallo. Si rende conto di
quale incubo possa essere per me assistere a tutto questo?
Hanno detto:
Un romanzo che esplora brillantemente la storia di una famiglia in
crisi, in un cocktail potente di fantasia e analisi psicologica.
Stephen King, “The Best Books I Read in 2012”, «Entertainment Weekly»
Non mi dilungherò nel dire che non è Graham Joyce a doversi
guadagnare un pubblico più vasto in America; piuttosto è il pubblico
americano a non doversi lasciare scappare questo scrittore.
Jonathan Lethem, «The Free Lance -Star»
I romanzi di Graham Joyce contengono sempre una certa generosità di
spirito che li colloca una spanna sopra l’ordinario. Joyce è un Maestro
di charme... Ipnotizzante.
«The Guardian»
Quella di Joyce è una favola che racconta l’incontro/scontro tra oscurità ultraterrena e umano pericolo.
«The Washington Post»
La scrittura di Graham Joyce è ammaliante, agile e disinvolta.
«The New York Times Book Review»
Vita di Tara è un insolito e insolitamente soddisfacente
ibrido. Joyce ha curato tutti gli aspetti cari a un romanziere che si
rispetti: una prosa precisa e insieme toccante, personaggi ben
tratteggiati, tematiche possenti – la bellezza e la tristezza delle
transizioni inevitabili della vita e la famiglie in tutta la sua ambigua
e infinitamente affascinante complessità. A tutto ciò, poi, intreccia
il mito e il folklore.
Laura Miller, «Salon»
Leggere Vita di Tara è un po’ come entrare in un enorme
trappola finemente mascherata.... Nella narrativa contemporanea, Graham
Joyce incanta come pochi altri.
«Richmond Times-Despatch»
Realtà e fiaba armonizzano perfettamente in questo romanzo
introspettivo che parla di relazioni, amore e sogni. In una miscela
unica di mystery e fantastico, Joyce dà vita a una storia incantevole
che sia i suoi fan sia i neofiti troveranno difficile interrompere.
«Booklist»
Vita di Tara è un romanzo enigmatico e intellettuale e, al contempo, accessibile e massimamente coinvolgente. Una delizia leggerlo.
«Tor.com»
Graham Joyce, con il suo Vita di Tara, scardina il genere,
creando un fantasy dove reale e immaginario si fondono, portando a una
destabilizzazione nel lettore inaspettata, quanto gradevole, perché,
finalmente, si è davanti a qualcosa di nuovo: un
fanta-thriller-psicologico.
Sara Prian, «La Voce di Venezia»
Un libro scritto meravigliosamente, con uno stile che riesce a
sposare realismo e poesia, esprimendo con immaginifica scorrevolezza
idee, stati d’animo e concetti che risultano efficaci e suggestivi.
«Romance Books»
Vita di Tara si rivolge a lettori pronti a mettersi alla
prova e ad apprezzare il modo in cui l’autore affronta alcune credenze
popolari, leggende e fantasie. Un romanzo che porta a mettere in dubbio
la realtà e, talvolta, a credere all’irreale.
«Il profumo dei libri»
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